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Maratona di Roma

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Eccomi qui a raccontare il mio week-end romano, la mia prima maratona (eh si, perché nonostante tutta la fatica, non credo sarà l’unica…).

Un po’ di coda…

Arriviamo a Roma sabato mattina alle 10:00 in treno io e mia moglie Monica. Ad aspettarci c’è sua cugina Michela che ci ospiterà per il fine settimana e il fratello di lei, Paolo, con cui correrò domenica, lui che è alla sua terza Maratona.
Andiamo subito all’Eur a ritirare il pettorale e mentre io faccio la coda loro si fanno una passeggiata.

Il resto del sabato passa da turisti, tra via del Corso, Galleria Colonna-Alberto Sordi e qualche altro passaggio in centro.
Sono un po’ preoccupato di non camminare troppo, penso a come e cosa mangiare, integratori, gel, ecc. poi mi tornano in mente le parole di Baldini (lette su RunningForum.it) che durante un convegno alla domanda di un maratoneta alla prima esperienza “Cosa e quanto mangiare nei giorni precedenti la maratona?” rispose “Mangia il ca##o che ti pare!”.
E allora così faccio: porchetta e “coppiette” con formagella bergamasca e pizza bianca!

Il pranzo dell'atleta

Il pranzo dell’atleta

Domenica mattina mi vesto e mi preparo e alle 7:30 arriva Paolo a prendermi in moto, casco guanti e via, tra le vie ancora deserte di Roma, passando da San Giovanni per arrivare al Colosseo. Tra una chiacchiera e l’altra, il pit-stop fisiologico, il freddo, il vento e la consegna delle borse arrivano le 9:00. Emozionato entro in griglia, assieme a tutto il fiume di persone che compongono la “marmaglia” dall’8000 di pettorale in poi.
Non ho una tattica di gara, l’unica tattica è sopravvivere fino al 35° e poi si vedrà!
Paolo si lamenta che ha solo 20 km nelle gambe, io non molti di più, ma sono tranquillo.
Ci si ammassa e via: il conto alla rovescia, la musica del gladiatore e “al mio segnale scatenate l’inferno!” si parte, la gamba gira lenta, la testa è occupata a guardare le meraviglie di questa città, il Garmin acceso ma senza allarmi, soglie, solo frequenza cardiaca e tempo.
Passiamo davanti all’Altare della Patria e veniamo letteralmente investiti dalla Fanfara dei Bersaglieri che attacca in quel momento “la corsa”… pelle d’oca alta una spanna! E il ricordo di quel momento mi spingerà nei primi momenti di crisi!
E poi tutta Roma davanti a noi: Circo Massimo, la Piramide Cestia, San Paolo con la banda della Polizia, il quartiere Testaccio; Paolo mi indica una casa gialla: “Lì è nato mio padre”…
Poi si intravede il Cupolone, e Monte Mario, e la mezza è già andata, con un passo bello regolare tra i 5:30 e i 5:40, un pochino più veloce di quello che avevo pensato per me. Ma stare in coppia, scambiando qualche chiacchiera, raccogliendo la frutta e l’acqua ai ristori per poi scambiarsele, aiuta a stare in ritmo e tutto va come deve andare.
E come previsto arriva anche la crisi: attorno al 28° la salita che c’è prima del villaggio olimpico mi taglia le gambe, inizio ad avere fastidio al polpaccio destro, ma stringo i denti, butto il cappellino perché col vento mi infastidisce (e quasi colpisco un corridore dietro di me, perché il vento ha deciso di rispingere indietro il mio cappello!) e prendo un gel.
Stanchezza, vento freddo, la salita, il dolore al polpaccio, ma soprattutto la testa che ti molla…
E Paolo era li, un passettino avanti a me, che mi incitava, mi aspettava, e piano piano mi sono ripreso
Inizia a spegnersi la luce, sapevo che non avevo 40 km nelle gambe e che questo momento sarebbe arrivato, ma non mi aspettavo una “facciata” così dura contro il muro. Paolo è un grande, quando gli dico di andare visto che lui ne ha ancora mi dice che la facciamo insieme, se proprio se ne va agli ultimi chilometri. E così un passo dopo l’altro, un ristoro camminando, un semaforo alla volta arriviamo al sotto passaggio (ai 33 km?) e un lumicino si riaccende. Mancano meno di 10 km, mi dico!
E si rientra verso il centro: la gente che incita e gli addetti della Maratona che mi lanciano un “Dai Igor!” mi aiutano a uscire dalla crisi.
Non che si vada forte, ma la gamba c’è, la testa torna a fare il suo dovere, e da li in poi è “discesa”.
Il passaggio in Piazza Navona è da brividi: gente che urla, incita, “DAJEEEE!” e mi scopro ad alzare le braccia per incitarli ad urlare più forte: e funziona! Un boato mi accompagna uscendo dalla piazza, e il lungo rettilineo fino a Piazza del Popolo scorre quasi in fretta.
Paolo è sempre li, due passi avanti a me, il mio angelo custode. Gli si affianca la sua compagna di corse (perdonatemi ma non ricordo nemmeno come si chiama…), che si “imbuca” nella maratona per un paio di chilometri, ci incita, e ci saluta con un sorriso!
Poco dopo Paolo allunga, ma ormai ci siamo: di nuovo l’Altare della Patria, e lungo la salita verso via dei Cerchi che sembra interminabile mi passa il gruppetto con i pacer delle 4:15. Allora non va così male!
Ormai corricchio, la benzina è proprio finita, sgancio anche la fascia del cardio perché mi da fastidio ma arriva il gonfiabile dell’ultimo km.
E li scoppio a piangere, come un bambino, coi singhiozzi: dopo 41 km mi assale la fatica, il ricordo delle levatacce e dei lunghi sotto la neve, e lo sguardo va al cielo, a chi mi ha vegliato da lassù; nonna Agnese, Mariano, i genitori di Paolo, i miei nonni, e tutti gli altri… Non riesco più neanche a corricchiare, cammino singhiozzando sull’ultima salitella attorno al Colosseo e poi lo vedo: il traguardo è li. Dai, ancora un piccolo sforzo, poco più che camminando taglio il traguardo in lacrime, con le braccia alzate!

MARATONETA!

In lacrime dopo l'arrivo (orrendo autoscatto)

In lacrime dopo l’arrivo (orrendo autoscatto)

E poi è tutto attaccato: la medaglia, il sorriso della signora che me la mette al collo che mi vede piangere, il telino termico, la borsa del ristoro, e in trance vado verso il camion a ritirare lo zaino, il mio grazie ai ragazzi del camion, che vorrebbe essere il “grazie” a tutti i volontari di questa meravigliosa organizzazione!
Ritrovo Paolo, e ci abbracciamo.
E’ finita!
Il crono conta relativamente: 4h 17′ 18″ di real time, ma tutti i calcoli fatti nella settimana precedente (4h05, 4h10… parti piano, non esagerare, chi se ne importa!) non hanno più senso. Ho finito, sono arrivato al traguardo, grazie a Paolo, grazie alla mia tenacia.

La prima maratona a 40 anni, è questo il desiderio che avevo e adesso si è realizzato!
Dopo aver ritirato lo zaino torno con Paolo alla sua moto per ritornare a casa, e sento una signora che dice all’amica: “Eh, ma la maratona vera è già finita!”.
Non ne avevo la forza, ma volevo fermarmi e dirle: “No signora, la maratona vera è questa, quella dei 10.000 e passa che amano questo sport, che lavorano, hanno una famiglia, mandano avanti una casa e in più si alzano al mattino alle 5 o fanno tardi la sera per inseguire la loro passione e non far mancare nulla ai loro cari. Che vengono qui e alzano le braccia al cielo per essere scesi sotto le 4 ore o per aver limato 2 minuto sul loro tempo dello scorso anno. Dei top runner resta qualcosa negli annali ma nel cuore di chi l’ha finita rimane molto di più”.

Come bilancio finale posso dire che è andata bene, anzi, benissimo!
E’ dura, se una mezza sembra lunga, una maratona è un eternità!

Maratoneta…
MARATONETA!

Passano due giorni ed è come quando ti ubriachi: quando stai male dici “mai più”…
E’ mercoledì e sto già andando a vedere quando sarà Roma 2014, o qualche altra maratona più vicina…

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E la “diretta” di La7:


Archiviato in:corsa Tagged: amici, corsa, emozioni, famiglia, persone, sport

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